Scuola e Fiabe

 

SCUOLA E FIABE

 

(prosegue l’immaginaria intervista iniziata nel curriculum)

 

Ogni adulto è preceduto da vari stati della coscienza: infante, bambino, ragazzetto, adolescente, tutte fasi che lo segneranno a vita, lo dicono le scienze neuropsicologiche e pedagogiche. Con te com’è andata?

Faccio prima a dire una parola: scuola, che narrativamente è un humus sempre fecondo, ne vengono tuttora fuori volti immagini e storie, che mi riguardano come alunno, ospite, o collaboratore gratis et amore discipulorum

 

Hai detto alunno, concretamente?

La scuola non è solo l’orologio dell’infanzia e dell’adolescenza, è un territorio in continua fioritura, una sorta di stampante da cui ogni tanto escono fogli sparsi che attendono una sistemazione, un’attenzione nuova.

 

E quindi?

Sono nati così alcuni racconti, il dialogo grottesco La scala di Socrate, il romanzo La vita è molto più, decine di racconti per l’infanzia,

e i due libri di fiabe che ho in preparazione

 

Fin qui riandando alla tua storia di alunno, hai detto però che sei stato anche ospite

In scuole medie e licei romani durante le giornate dedicate agli autori, per conversazioni dedicate al ‘900 e letture di miei testi.

 

E come collaboratore che hai fatto, hai riparato qualche banco, qualche sedia?

Fortunatamente non mi è capitato, non avendo mai goduto di una grande manualità. Nel caso avrei dovuto prendere lezioni, e quindi sarei andato a scuola per imparare, non più per collaborare.

Una gentilissima maestra di quarta elementare di una scuola milanese mi ha invece recentemente offerto di accompagnare alla poesia la sua scolaresca.

Esperienza meravigliosa, svolta in totale gratuità; direi anzi che è stata parimenti formativa per me. Scoprire i percorsi della mente infantile, veder emergere dalle righe iconici resoconti di mondi interiori, insospettabilmente vasti e profondi, è stato coinvolgente.

Nel bambino l’anelito alla bellezza, alla semplicità e solidità degli affetti è sempre lì pronto a colorare ogni pagina delle sue intuizioni più schiette. Nonostante il soffocante impero del digitale e dei social.

E così, a latere della metodologia di apprendimento integrato condotta dall’insegnante, ho seguito nel corso dell’anno scolastico le poesie degli alunni. Ho analizzato i versi, i componimenti creati dai bambini, esaminandone con loro la resa espressiva, l’aspetto fonico, le immagini. Soprattutto ho finalizzato la comunicazione scritta e visiva dei singoli testi. Il tutto volto a beneficiare anche gli alunni con blocchi psicologici, emotivi o di linguaggio.

 

E ci sei riuscito?

Io direi che loro ci sono riusciti, a capire meglio gli altri e sé stessi

 

Hai detto che oltre ai racconti per l’infanzia stai scrivendo due veri e propri libri di fiabe, e nello stesso tempo scrivi anche pièce, romanzi, racconti. Non ti crea difficoltà cambiare veste narrativa con tanta disinvoltura?

 

Scrivo per rileggere, o anche solo leggere (come dirò fra un attimo) e condividere esperienze vissute, ciascuna delle quali diventa subito – all’atto di rifletterci – tappa di un percorso di conoscenza. Torno al senso originario del viaggio. Agostino dice che il mondo è un libro e chi non viaggia ne legge una sola pagina. Incontestabile, ma andiamo avanti; con qualche ritocco la massima propone, secondo me, un’antinomia accattivante: la vita è un libro, chi non ne scrive ne legge una sola pagina.

 

Insomma scrivere equivarrebbe a leggere?

È così, considerato che dopo la scrittura scopri qualcosa che prima non credevi esistesse, mentre già c’era nel mondo intorno o dentro di te. Questo, come ci avverte Proust, già avviene quando si legge. La scrittura forse acuisce tale consapevolezza. Ma questo processo di personale apprendimento noto che si esalta soprattutto quando mi rivolgo a lettori bambini o adolescenti.

C’è anche un altro aspetto da considerare. Infanzia e adolescenza sono età in cui ogni varco vitale è pronto a parlare, o ad aggredire il giovanissimo con la crudezza delle più celebri fiabe popolari. Ma lo stesso fenomeno accade a me: quando invento fiabe non è più la fantasia ma la stessa realtà dell’inconscio a venirmi incontro. E quindi scrivendone finisco col darle una forma e un contenuto, finisco cioè col leggerla

 

Ho letto che nelle fiabe ricorri anche alle piante, sono i tuoi ultimi narratori o sbaglio?

I miei come di chiunque altro. Nel panorama degli scriventi fortunatamente ci pensano loro a distinguersi per umiltà ed eleganza, rispetto alla massa di avventurieri che pubblicano. Le piante ci raccontano la loro storia e l’ambiente che le ospita, rispondono alle sue vibrazioni, alla sua richiesta di aiuto. E infine, dopo millenni (non milioni di anni, noi siamo troppo giovani) che ci osservano, ora ci scrivono, come spiega Sanja Särman nel suo meraviglioso Lettere delle piante agli esseri umani. Le piante si parlano, in presenza di un pericolo rendono amari i frutti o velenose le foglie, o lanciano composti organici di allarme, sapevi? Ed è proprio questo il tema portante di

 

·           uno dei miei libri di fiabe inediti: la storia di un bambino che improvvisamente, per salvare suo nonno da una caduta rovinosa, diventa una canna di bambù. Da quel momento vivrà vicissitudini incredibili, vivendo come una pianta. Sì, è lei a raccontare.

Nel suo preziosissimo Dizionario dei simboli infantili Anna Maria Casadei ci avverte che è molto importante quello che i bambini disegnano intorno a una pianta, a un albero, perché esprime il suo rapporto emotivo e affettivo con gli altri. E in questo senso ogni loro disegno è una finestra aperta su quel rapporto. Sappiamo che un albero recintato indica solitudine; nel mio libro colloco il protagonista diventato canna di bambù, nel cuore di un’intera foresta, che quindi circonda la pianta e condivide con lei ambiente ed emozioni.

 

E da qui torniamo al senso della scrittura, questo tentare il dialogo con vite che palpitano di esistenza propria, come l’io profondo dell’altro, come tutto quello che ci circonda o che ci abita, a cominciare da quanto la propria mente parcheggia nell’inconscio.

Non è vero che l’invisibile è impossibile: può diventare nuova realtà, ce lo mostra la Ortese nell’Infanta sepolta e altrove. Proprio la sua narrativa così impregnata di creature angeliche, di presenze al limite fra la fantasticheria e il sogno sembra voler perpetuare certe figurazioni di un’infanzia remota, difficilmente attingibile nel suo pieno significato. Sul rapporto fra la parola e l’invisibile penso anche a Fleur Jaeggy (in particolare al suo Le statue d’acqua), che proprio nei Beati anni del castigo immerge l’adolescenza nella sua penna corrosiva, che apre varchi terribili nel quotidiano.

Anche per questo scrivere è desiderio, pretesa, ascolto, ricaduta di immagini nel presente, lentezza o scatto di uno sguardo che lo indaga, che restituisce luce alla memoria, domanda di senso, giudizio, fissità di un fotogramma. È vita insomma.

 

E quindi?

Mi chiedo: qual sia la vera mimesi, quella della scrittura rispetto alla vita o viceversa? Jabès suggerisce la seconda, la vita somiglia alla scrittura.

 

Torniamo alle fiabe, alla loro utilità pedagogica

Parto dalle condizioni base di ogni racconto che aspiri ad averla: fantasia, divertimento e libertà. Quando mi rivolgo a bambini e adolescenti mi chiedo sempre due cose: come tradurre il presente in rispetto della fantasia e libertà di chi legge e immagina la fiaba, e come far divertire il lettore.

C’è una storia,

·           Forza 8, fra le mie più ‘sregolate’, dove fantasia e divertimento sono privi del minimo freno, nella quale i mariti finiscono letteralmente dentro le onde di capelli delle rispettive mogli, con effetti anche qui surreali e comici

Niente più di un racconto può stimolare la creatività dei piccoli, è di questa che ha anzitutto bisogno il mondo dell’infanzia. La creatività inoltre reintroduce in quel mondo una sua componente essenziale: l’affidamento. Ogni storia di fantasia crea nel lettore un affidamento complesso. Non mi riferisco alla più automatica sospensione dell’incredulità, vado oltre: parlo di affidamento al gioco, alle potenzialità positive, all’etica immediata di quella storia. Questa cioè ricodifica gioco emozioni desideri e immagini trascinandoli verso un estremo, che è la fantasia stessa, per poi ridiscendere verso il reale. Ma in quest’opera di adattamento e riscoperta del reale c’è sempre un valore aggiunto, in termini di comprensione della vita concreta, che il lettore porta con sé terminata la fiaba. L’ho sperimentato tutte le volte che qualche bambino mi ha fatto domande, a lettura conclusa: domande che riguardavano quasi sempre non tanto la fiaba ma la sua vita di tutti i giorni, situazioni reali da lui vissute.

Far leggere fiabe e racconti fantastici, inoltre, è la miglior scuola per riabituare i giovanissimi lettori allo stupore, per allontanarli un attimo dall’egemonia del digitale nelle relazioni quotidiane, nelle (già presenti) loro scelte giornaliere.

Senza scomodare un critico estetico ingombrante come John Ruskin, che nel suo Le pietre di Venezia osservava come il potere visivo e meditativo sia maggiore nello scolaro che nell’adulto, è certo che ogni centimetro di fantasia recuperata nel bambino ipercollegato ai social potrà aiutarlo a essere meno connesso, e quindi più consapevole di sé, più aperto al mondo.

Il bambino connesso ai libri piuttosto che ai social avrà poi meno finestre da guardare restando chiuso in casa, e più vita da vedere uscendo all’aperto, da scoprire non solo (come è ovvio) fuori di sé ma anche dentro di sé.

Se c’è qualcosa di urgente da fare in campo educativo è, come suggerisce il professor Tonino Cantelmi nel suo pregevole saggio Tecnoliquidità (http://www.laici.va/content/dam/laici/documenti/Plenaria2013/cantelmi.pdf),  far  riscoprire  la bellezza ai nativi digitali, nella sua più ampia dimensione etica e simbolica.

E ancora, che cosa diceva più di cinquant’anni fa Gilbert Durand nel suo celebre Le strutture antropologiche dell’immaginario? Compito della scuola è quello di mettere in atto un’educazione fantastica che risponda alla sete di immagini e di sogni del futuro adulto, che assicuri il lusso notturno della fantasia. Come osservava Bruno Bettelheim nel suo insuperato lavoro, Il Mondo incantato, la fiaba è un mezzo formidabile che permette al bambino di creare fantasie consce e familiarizzare così col proprio inconscio, imparando a gestirlo. Dandogli la dimensione di sogni concreti, egli agirà sul suo stesso inconscio favorendone uno sviluppo corretto, e non caotico o problematico come oggi troppo spesso succede.

 

Le fiabe oggi. Che ne pensano quelli che hanno letto le tue? Si mettono a ridere?

Credo di sì! Del resto almeno questa non è una favola: le giurie apprezzano le mie fiabe. Senti cosa scrivono i giurati del premio Speciale Infanzia 2023, per il mio testo Il paese a forma di ‘q’:

 

“Un racconto che dà libero sfogo alla fantasia. In stile rodariano, per la semplicità delle parole e la ricchezza del contenuto. In tutto questo il fantastico si mescola all’umorismo. Questo modo di scrivere promuove la creatività, la riflessione, l’azione e il sogno”

 

Dunque faccio anche divertire, il problema è che proprio certi ragazzi sembrano aver smarrito il gusto del divertimento.

Un dodicenne mi ha chiesto: perché racconti le fiabe oggi, non è più utile sapere i conflitti, gli scandali, la corruzione, la violenza che c’è intorno a noi? Gli ho risposto: ma quello di cui mi parli è qualcosa di insano, di inaccettabile. E lui mi ha detto: vedi i femminicidi.

Ecco appunto, ormai quella violenza è passata dentro di noi spettatori, adolescenti, giovani e adulti, purtroppo, e quindi è urgente fermarla: ogni racconto per la tua età può essere un’occasione, un ponte verso una possibile guarigione.

E ho concluso il confronto dicendo: dobbiamo tutti riabituarci a una mente sana, educata ai valori fondanti della convivenza, moralmente rispettosa dell’altro e del diverso, una mente resiliente, tesa alla pace, e perché no, anche al dono (parola che sa molto di retorica natalizia e pubblicitaria, purtroppo).

 

                                                    *

 

Premi ricevuti per i tuoi testi destinati all’infanzia?

Gli ultimi sono:

·           Segnalato allo Speciale Infanzia 2023, con Il paese a forma di ‘q’ (per la motivazione si veda sopra)

·           3° alla Botteguccia delle favole con Storia di Re Agio e dei capricci di un prefisso,

·           2° al Città di Cologna, con Come gocce, dove una vicenda di dolore si trasforma in un inno al perdono e alla speranza

 

                                                            *

      Di quali altre tue fiabe vuoi parlarci?

Ecco altri titoli per darti un assaggio del panorama immaginativo messo in atto. In ogni testo gli immediati cortocircuiti logici, ricodificando i presupposti della situazione narrata, la aprono a esiti imprevedibili:

 

·           Mario disegnatore impareggiabile e la nuvoletta digitale (sulla disabilità)

·           Lo strano caso del mago birichino

·           Il mistero delle scarpe sotto il sole

·           Sette sorelline impertinenti (esilarante storia delle 7 note)

·           L’uovo fatato e l’orco esaurito

·           Il giorno in cui nacque la parola ‘sì’

·           Il bambino col dono straordinario (testo che senza rinunciare al comico spazia sul mondo attuale e organizza le sue invenzioni contro la guerra, il razzismo e l’intolleranza a ogni livello)

·           Accadde nell’oscurità di un cassetto (fiaba sull’integrazione sociale e sull’accoglienza)

·           Khalid e il disegno fatato (sull’accoglienza di un bambino migrante)

·           Come a causa di uno spaghetto un bacillo fu invitato alla Commissione Europea (che, come evidente, tocca temi attualissimi, inclusi l’integrale rispetto dell’altro come persona e l’educazione all’igiene alimentare)

·           Che cosa c’è dopo la leggenda, dove il destino di una famiglia in un odierno campo profughi yemenita si intreccia con un’antica leggenda locale e con un’altra storia popolare nella Venezia della prima metà del ‘500, ove appare nientedimeno che il giovanissimo Jacopo Tintoretto. ”Nessuna leggenda è più vera delle parole di chi la racconta, è lì che nasce e muore, è lì che crea lo sviluppo necessario per una fioritura: il seguito appartiene solo a te”, giovane lettore di oggi, a quanto saprai tradurla in realtà.

Allo stesso tema di fiabe contro la guerra appartengono:

·           La casa sospesa

·           Fate attenzione a Giorgio, nonché

·           Il mio secondo libro inedito, costituito da un lungo racconto che, senza smarrire il suo carattere immediatamente umoristico, se non comico, riposiziona la pace al centro emotivo e tematico della vicenda