Scrivo romanzi, racconti, poesie,
atti per il teatro

 

Poesia

 

Premio giuria al concorso Città di Castrovillari

Poesia Edita


Marco Righetti, Il seguito mancante,

Serie “I Libri dell’Astrolabio” (n. 3), pp.

200, € 16,00. Prefazione di Valeria

Serofilli, Postfazione di Plinio Perilli

ISBN 978-88-96020-54-8 


In tutte le poesie del volume la lingua fluisce imprevedibile, le parole si rincorrono, si intersecano e si avviluppano, dando vita a sensi e prospettive nuove. Più definito è il riferimento contenuto nell’augurio a diventare netto nella parola e a partorire bestie lucenti. C’è in questo invito la consapevolezza del divario vasto tra il dicibile e l’indicibile, tra il significato e il significante. C’è forse, ad un livello più ampio ed omnicomprensivo, la coscienza della fragilità dell’esistenza. Tuttavia l’atto stesso di scrivere, il dare fiato a quella voce che travagliata irrompe tenace, il partorire bestie lucenti che tanto ricordano i “Capricci” di Goya, allora ha uno scopo: la sua funzione è nell’esistere, fosse pure per negare il senso e la logica dell’esperienza umana.

E insiti nella vicenda umana sono il rincorrersi e l’interazione tra le varie fasi della vita e i mali ad essa connaturati. Così il “bambino con chiara vocazione onomatopeica”, figlio nelle liriche della sezione dal titolo Ombelicale, padre in “parole al figlio”, uomo innamorato, è ora diventato poeta. (Dalla Prefazione di Valeria Serofilli)

Libro complesso e munifico, questo, originale, seppure coltivato e nutrito di un’ininterrotta tensione intellettuale che sembra aver assai bene imparato, e quasi mimato la grande tradizione intellettuale del ‘900 migliore: che è italiano,

certo (Montale, Sereni, Fortini, un certo Zanzotto, alcune nuances di Giudici, quello insomma di Autobiologia e La vita in versi) ma in maggior misura ancor più straniero (il provvido magistero anglosassone: Eliot, Auden – e i più

irregolari dei contemporanei francesi: Michaux, Char, Frénaud, fino a Bonnefoy)… No, non c’è la chitarra acustica e gitana della più fervida melica espagnola: i Lorca, i Machado, gli Aleixandre), ma come l’ombra lunga e ancora

interminata d’un’investigazione della coscienza che trovò i suoi grandi, riottosi eroi in certi espressionisti tedeschi (da Trakl a Benn, per intenderci, fino alla Bachmann o all’odierno Enzensberger)… (Dalla Postfazione di Plinio Perilli)


Anni frugati dal mare

Il lenzuolo della risacca imbianca

e scoperchia la foce del paese

il muso dei vecchi è spigolo acuto

fischio lungo nell’anima, ecco navi

partite, antiche vie e nodi s’abbracciano

rimontano vedute pose spose

lasci che i pensieri prendano il fiato

giusto per muovere: gazze sparite,

- saranno macchie scure i faraglioni? -

calpesti disegni e fatti che vedi

ridotti a sabbia (fragili arcatelle)

la sponda rotola torti e ragioni,

anni frugati dal mare, ti chiedi

se adesso è troppo tardi per le stelle.

*

E poi fermarlo, l’amore

e poi fermarlo, l'amore

staccarlo da un’ingiustizia

di conti, quando è finito.

Allora

portammo in superficie

il lato dietro l’orizzonte,

quello che si legge al buio,

lettere

ci giunsero dal mare

forse tutti sapevano,

sul libro delle firme segnammo

inizio e fine del sole

l’offertorio prevedeva

di restare sott’acqua

e prenderci per incantamento

nel vecchio superotto

senza peso

prima noi

meduse di sbieco

nel vento marino

ombrelli aperti

a mostrare l’arte diseguale

dello spostamento

verso una coscienza 



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Da Il seguito mancante, ed. Puntoacapo di Marco Righetti


Le donne fuorigara 

non escono sui periodici

si limitano a filare febbraio

sono vele ancora pronte al vento

indugiano fra le offese degli anni

quando contano caute gli spiccioli

ripassano umanesimo e rinascimento,

brigate e giostre,

separano l’uno dal cento

poi chiudono nella presa

e consegnano tutto,

prezzo e profumo

di quello che è stato.

Cosa resta del passato ?

Se le incontri osserva

l’elastico del sorriso,

appare e scompare come loro,

quella che nascondono è gloria

che ha consumato mani,

caldaie di luce,

non temere per il tuo egoismo

non ti fermeranno mai

le donne fuorigara

loro chiedono solo

il cappotto di giorni ben sotto

le grondaie

e appena

uno zerbino alato

davanti la porta.


* * *

Vicino a un silenzio 

Alle sette di pomeriggio, d’agosto,

i cieli di Roma hanno ancora pelle chiara

come se fosse vinta

la tinta rossastra,

quel filo di dolore quotidiano

che lotterà tra poco col sonno

scenderà piano la notte

coprirà cupole e ville

asciutta pioggia

sulle estati in vena

sui seni del Tevere

scenderà un lenzuolo di pace

per sfiammare soglie e palazzi

e anche il bambino che grida

accetterà sfinito questa memoria uniforme

qualcuno dentro ceste d’allegria

violerà il perimetro di un riposo

e in un romanzo farà cantare il selciato.

Fluita a valle la piena

soda di ore

Roma parcheggia la sua attesa

rinnova misteri e lapidi,

stagioni appese a mezz’aria,

nella festa,

muta, dei colli.


* * *

Da: ombelicale, 

parole a mia sempre madre 

Prolunga o vezzeggiativo

Marcolino iniziavi così

ma i diminutivi invecchiano

prima o poi

intuivi il mio abbandono prossimo

dei nomi fissati

mano nella mano faceva unguento

le ispezioni nel tuo sguardo prudente

il passi per un avvio promettente…..

m’infittivo nel latino fresco

di pittura pagine profumate,

il testo-desco Liotta,

deponevi il registro coi voti

della tua galassia, lucidavo

quell’angolo di mondo remoto

ottobre coi suoi ritorni.

Inciampando

dopo

nel tuo male

ricominciavi ogni giorno gli anni

con l’umiltà di un’allieva…

Impreparati tutti alla prova

mi sosteneva il desiderio

di riaverti madre totale

graziata

da un tempo breve.


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Plinio Perilli presenta IL SEGUITO MANCANTE, di Marco Righetti